Le reliquie di Santa Maria in Cappella a Trastevere
La storia di Santa Maria in Cappella colpisce poiché già in piena epoca medievale, probabilmente proprio a causa della vicinanza al porto di Ripa Grande, fu anche sede di un ospedale voluto dalla famiglia Ponziani. Fino alla nascita del nuovo ospedale nel XIX secolo, infatti, la navata nord della chiesa era destinata al ricovero dei pellegrini, dei poveri e degli ammalati che si riversavano in città, e vi erano dei veri e propri posti letto a questi destinati. Ricordiamo che all’epoca non era insolito che le chiese fossero anche luoghi di cura e accoglienza, e proprio in questo scenario operò un’altra grande donna molto legata a questo luogo, Santa Francesca Romana (1384-1440).
Ella volle proseguire la tradizione iniziata dal suocero Ponziani, dedicandosi agli infermi per circa trent’anni e con passione. Cercava personalmente i sacerdoti e i medici affinché si recassero dai malati e, considerato che in periodi di malattie contagiose questi non erano mai sufficienti, arrivò persino a sostenere economicamente un sacerdote, per essere sicura che fosse sempre disponibile a somministrare ai bisognosi la “medicina per l’anima”. Per avere un’ulteriore idea di quanto Santa Maria in Cappella fosse un punto di riferimento per i tanti bisognosi che si riversavano nel porto di Trastevere, osserviamo uno degli ex voto rinvenuti, la piccola statua della Madonna del tipo “di Trapani”. Il suo culto è legato al mondo della navigazione e al nome della corporazione, i Barillari, che ebbe in gestione la Chiesa fino dalla metà del XVI secolo. Questi erano costruttori di contenitori per la conservazione e il trasporto di alimenti, carpentieri di formazione, e dunque avevano molte affinità con tanti altri operatori legati al mondo della navigazione fluviale.
È ormai certo come la fondazione della chiesa risalga alla fine dell’anno Mille e che, nonostante le sue dimensioni ridotte, fosse stata temporanea sede del concistoro papale. Potrebbe infatti essere definita “la Cappella Sistina” di Papa Urbano II il quale, subendo la presenza in Laterano di un antipapa, viveva fortificato sull’isola Tiberina e riuniva qui il collegio cardinalizio. Da ciò deriva forse l’appellativo “in cappella” che sostituì l’originale ad pineam ovvero “presso la pigna”. La presenza di alcune presunte reliquie di San Pietro e dei primi papi conferma ulteriormente la sua importanza nel Medioevo, riconducibile anche alla sua collocazione geografica. La chiesa si trovava infatti sul Tevere, cioè sulla via diretta che collegava Roma al mare, posizione decisamente strategica in un momento storico in cui Papa Urbano II aveva intrapreso una forte azione di recupero del peso politico della Chiesa di Roma nell’area del Mediterraneo.
La cassetta-reliquiario in piombo rinvenuta nell’incasso dell’altare medievale conteneva due olle di piccole dimensioni in ceramica depurata rivestite di vetrina piombifera, con relativi tappi ricavati da una placca di piombo con sopra graffiti i nomi dei Santi di cui si conservava la reliquia, ripetuti, con grafia diversa, nelle placchette in lega di piombo contenute nei due vasetti. Nella prima vi erano i resti (ancora non ufficialmente confermati) dell’apostolo Pietro, di Papa Cornelio e dei martiri Anastasio e Melix, mentre la seconda conteneva quelli dei martiri Ippolito e Marmenia. Erano inoltre presenti una ciotola in maiolica policroma, centinaia di frammenti anche minuscoli di vetro di diverso spessore, frammenti di legno di forma circolare, quattro frammenti di una tavola in legno, un elemento circolare in lega di rame, il quale doveva costituire in origine il gancio collegato alla tavola suddetta, infine un nastro rosso con il sigillo cardinalizio, pertinente all’ultima ricognizione effettuata su questi resti nel 1892.
Presso la porta d’ingresso, sul lato destro, è murata l’ormai famosa croce a mosaico di Francesco Borromini. È la sua prima opera nota, a testimonianza di un giovanissimo scultore ancora scalpellino per la Reverenda Fabbrica di San Pietro. Pur se alle prime armi, l’artista ticinese già dimostra un estro creativo eccezionale in questo micro-mosaico raffinatissimo. L’opera è uno scarto della Porta Santa commissionata per il Giubileo del 1625 da Papa Urbano VIII Barberini, cui le api araldiche fanno riferimento nella croce, e che il Papa successivo, Innocenzo X, demolì e poi regalò alla celebre cognata Donna Olimpia.