I risultati delle nuove ricerche nei Fori Imperiali
Dal 1986 al 2008, per circa 20 anni, varie missioni hanno scavato nei fori imperiali: nel Foro di Cesare, Augusto, Vespasiano (Tempio, o Foro, della Pace), Domiziano-Nerva, Traiano. Una massa di nuovi dati è oggi a disposizione degli studiosi e del pubblico: non c’è una delle cinque piazze che non abbia rivelato qualcosa di molto importante.
Nel Foro di Cesare si sono trovate, anzitutto, tracce notevoli di antichissime preesistenze. Tombe con corredi databili tra la fine dell’XI e l’inizio del X secolo a.C. ci confermano che, quando la valle fra Campidoglio e Quirinale non era stata ancora urbanizzata, qui si estendevano sepolcreti creati in funzione degli abitanti dei villaggi sulle alture. Colpisce fra i corredi la presenza di armi in bronzo miniaturizzate, il che significa che i personaggi sepolti occupavano, nei loro gruppi di appartenenza, un ruolo sociale di primo piano. Tra III e II secolo a.C. sorsero poi strutture legate alle attività commerciali, un macellum o forse un mercato, ma anche per quanto riguarda il foro stesso si sono scoperti dettagli significativi. Ora è l’unico fra i cinque fori imperiali di cui conosciamo esattamente le misure: metri 100 x 48,94. Si è visto che, prima del complesso che fu inaugurato da Augusto dopo la morte di Cesare, ve ne era stato uno più corto di 20 metri.
Il Foro di Augusto presentava, lungo i portici laterali, non una esedra per parte, come si pensava, ma due, anche se i resti di quelle ora identificate, a differenza di quanto possiamo vedere per quanto riguarda quelle già note, non sono particolarmente consistenti. È stata esclusa invece, la possibilità che vi fosse una basilica. Ciò non toglie che vi fossero comunque uffici per l’amministrazione della giustizia: anzi si è accertato che qui avevano sede, nelle esedre laterali, il praetor urbanus e e il praetor peregrinus, che si occupavano rispettivamente delle controversie tra cittadini romani e cittadini romani contro stranieri senza cittadinanza.
Lo scavo e lo studio del Foro della Pace o Tempio della Pace hanno consentito di accertare definitivamente che si trattava di una piazza di tipo diverso da tutte le altre. Più che una piazza era un grande giardino, con fontane e aiuole decorate da cespugli di rose, alberi e siepi, ed anche, a quanto si apprende dalle fonti letterarie, da numerose statue di grande pregio. Sul lato opposto a quello di ingresso si allineava un complesso di importantissimi ambienti: al centro un’aula absidata preceduta da un ingresso monumentale a sei colonne costituiva il tempio vero e proprio. Questo era fiancheggiato da due sale su ogni lato, delle quali la prima a destra aveva una funzione molto particolare. Presentava, su due pareti contrapposte, la Forma Urbis dell’età di Settimio Severo e la Italia Picta cioè una carta geografica dell’Italia dipinta su lastre di marmo. Mentre di quest’ultima sono stati rinvenuti pochi frammenti, della Forma Urbis se ne sono trovati tantissimi, consentendo un’ampia ricostruzione. Era la pianta (anche qui su marmo, ma non dipinta bensì incisa) della città di Roma, che certo sfruttava e rielaborava cartografie precedenti, fonte preziosissima, evidentemente, per lo studio della topografia dell’Urbe. Recentemente (2006-2015) sono stati rinvenuti frammenti di ulteriori piante: questa concentrazione di piante e carte fa pensare che l’ambiente fosse la sede di una sorta di “agenzia del territorio”, o catasto, di pertinenza del Praefectus Urbi. La presenza della Italia Picta si spiega forse con il fatto che la giurisdizione di tale prefettura, proprio a partire dall’età di Settimio Severo, si estendesse anche oltre Roma stessa, fino a una distanza di 100 miglia.
Il Foro di Nerva, che per la verità era stato iniziato e quasi ultimato dal suo predecessore Domiziano, ha rivelato forti variazioni di progetto in corso d’opera. All’estremità opposta rispetto a quella dove ora vediamo i resti del tempio di Minerva era stato costruito un grande podio per un edificio che poi non fu mai realizzato. Inoltre si ha qui una viva testimonianza di ciò che è accaduto nell’area dopo la fine del mondo antico: direttamente sul bel lastricato marmoreo della piazza antica si impiantarono casa medievali, fra cui una a portico che si sviluppa su due piani appartenente a un tipo piuttosto diffuso nell’età di Carlo Magno.
Lo stesso, ma su dimensioni diverse, si può dire per quanto riguarda il foro più grande, il Foro di Traiano. Scavando l’estesa superficie che fiancheggia Via dei Fori Imperiali, si è man mano rimessa in luce l’intricata sovrapposizione di edifici che si è verificata nel corso dei secoli, dalla piazza del foro costruita da Apollodoro di Damasco fino al momento della apertura della via moderna inaugurata nel 1932. Si è deciso di conservare e valorizzare anche le strutture medievali, restituendo così l’immagine di un quartiere di quelli che un tempo si definivano “secoli bui”, e che invece ora sono studiati con grande attenzione. Ma le novità sono importantissime anche per quanto riguarda il monumento antico: all’estremità nord-occidentale, vicino alla Colonna Traiana, non c’è il tempio del Divo Traiano che molti avevano ipotizzato: c’era invece un ingresso monumentale. Uno spazio sacro si trovava invece all’estremità opposta, dove la grande piazza non era chiusa come si pensava da una parete curvilinea, ma da una singolare parete composta da tre segmenti, di cui i due laterali erano obliqui e quello centrale rettilineo.
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