I corredi della necropoli dell'Esquilino nel periodo Orientalizzante
La scarsa accuratezza degli scavi del XIX secolo nella necropoli dell’Esquilino fa sì che spesso ci troviamo di fronte a corredi incompleti o smembrati. Non è dunque possibile valutare appieno l’aumento della ricchezza nel corso della fase laziale III (825-725 a.C.) che caratterizza la necropoli tirreniche. Ciononostante, oggetti in bronzo laminato presenti nel corredo maschile della Tomba 94 (scudo, elmo) dell’Esquilino e in quello femminile del cosiddetto Gruppo 103 (scatola con coperchio) sono il segno di una committenza aristocratica che si rivolgeva ad artigiani in possesso di un alto livello tecnologico, allo scopo di ottenere oggetti di prestigio all’interno di un gusto condiviso e si caratterizzano per la specificità delle singole realizzazioni.
ANALISI DEI CORREDI DELLA NECROPOLI DELL'ESQUILINO
Si tratta di una classe sociale certamente più estesa di quanto il numero e la consistenza dei corredi possa rivelarci. A supporto di questa ipotesi, particolare importanza rivestono quegli oggetti che, sebbene privi di precisa indicazione di provenienza, indicano l’alto livello sociale delle sepolture nel corso dell’VIII secolo a.C., in modo più massiccio nel periodo Orientalizzante. Talvolta possono essere solo esigui frammenti, come le bulle degli holmoi (gli alti sostegni di impasto) e le anse di tazze/cratere di eccezionale dimensione, ad indicare la presenza di corredi aristocratici altrimenti sconosciuti. Il piede traforato di un holmos proveniente dagli sbancamenti della Velia, sede di abitazioni aristocratiche, apre un’altra finestra sul contesto ormai distrutto, del quale si conservano solo scarsi resti di vasellame ceramico.
Numerosi sono poi i sostegni di tripodi e i vasi su tre piedi in bronzo, databili a partire dalla seconda metà dell’VIII secolo a.C., che riportano al contesto del banchetto. Il consumo conviviale del vino, fulcro del simposio, è stato messo in relazione con il costume greco, rintracciabile anche in Omero. L’utilizzo di sostegni traforati ha però una lunga tradizione nella protostoria del Lazio, rintracciabile nei calefattoi ben documentati anche nei dipinti delle necropoli di Roma, fatto questo che rende più complessa l’interpretazione dei rapporti tra le due classi di manufatti. Ancora una volta i pur sfortunati resti dell’Esquilino ci documentano un reperto eccezionale, che apre ulteriori elementi di riflessione sulla genesi di questo tipo di oggetti. Si tratta del sostegno finestrato di eccezionali dimensioni, dal Gruppo 112 dell’Esquilino, che con la sua unicità e la sua antichità (è databile infatti alla fase laziale IIIA) esprime nella maniera più significativa il livello raggiunto dalla classe egemone nella prima metà dell’VIII secolo a.C.
(nella foto: esempio di calefattoio laziale degli inizi dell'VIII sec. a.C.)
Alla necropoli dell’Esquilino, la più importante della Roma più antica, in uso dall’inizio della Età del Ferro a tutte l’epoca repubblicana, e alle altre necropoli del settore nord-orientale di Roma, è stato dedicato ampio spazio negli studi, anche per quel che riguarda le vicende della scoperta, che nel caso dell’Esquilino avvenne, come noto, nel corso della edificazione del nuovo quartiere.
(testo a cura di Isabella Damiani, Claudio Parisi Presicce)