La Basilica di Massenzio e Costantino nel foro romano
L’imperatore Massenzio non vide completata la basilica da lui iniziata. La morte lo raggiunse sul Tevere, presso il Ponte Milvio, durante la famosa battaglia del 312 d.C. contro Costantino. Fu così questi ad inaugurare l’ultima e più grande delle basiliche romane, dopo aver fatto eseguire poche modifiche. La lunga prospettiva originaria verso il fondo della navata centrale fu mantenuta, facendo però convergere gli accenti architettonici sulla colossale statua di Costantino collocata entro un’abside.
L’apertura di un nuovo ingresso spostato verso la via Sacra e l’aggiunta di una profonda abside con nicchie nell’arcata centrale della navata destra determinarono però un nuovo asse prospettico perpendicolare al primo. La basilica, che fu chiamata Nova, venne fondata su una grande platea artificiale sul fianco della Velia, nel luogo che era stato già occupato dal triplice portico che serviva da vestibolo alla Domus Aurea di Nerone e che fu poi trasformato in magazzino di merci esotiche e di lusso provenienti dall’Oriente (Horrea Piperataria). La basilica accolse anche la sede del Praefectus Urbi e il tribunale speciale che giudicava i senatori.
Le tre navate non furono coperte come al solito da travature piane poggianti su colonne, bensì da volte a crociera impostate su pilastri, come già avveniva da oltre un secolo per le grandi terme. Ciò permise alla navata centrale di salire ad un’altezza di 35 metri, con una straordinaria semplicità e con estrema chiarezza di spazi, fino ai rosoni dei cassettoni che componevano il tutto in una meravigliosa armonia.
Un terremoto del quale parla Petrarca, nel 1349, fece crollare quelle meravigliose volte e solo una delle otto colonne, alte 20 m, che erano addossate ai pilastri, rimase al suo posto fino al 1614, quando Papa Paolo V la fece trasferire, con l’impiego di 60 cavalli, in piazza di Santa Maria Maggiore. Ma la “lezione” rappresentata da questa colossale basilica non andò perduta, perché sulle sue rovine si chinarono Bramante, Raffaello, Michelangelo, che con il loro ingegno seppero ripeterne l’arditezza e l’armonia nella Basilica Vaticana.
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