I rinvenimenti di ceramica micenea sul Campidoglio
I processi formativi della città-stato a Roma, che come è noto la tradizione storica e mitologica fa sviluppare nel corso della cosiddetta “età dei Re”, vedono la comunità insediata tra Campidoglio, Palatino e valle del Foro Romano ben inserita nelle reti di scambio a lunga distanza soprattutto con il mondo greco e, probabilmente, fenicio-cipriota. Tali relazioni “internazionali” avevano avuto dei precedenti nell’età del Bronzo, quando l’insediamento a Roma, già esistente, doveva limitarsi al colle capitolino e, forse, alle sue immediate adiacenze. Gli scavi effettuati alcuni anni fa nel Giardino Romano di Villa Caffarelli hanno infatti messo in luce una porzione, sebbene limitata, dell’abitato dell’età del Bronzo sul Campidoglio.
Nei livelli pertinenti ad un momento avanzato dell’età del Bronzo Recente (XII secolo a.C.), sono stati rinvenuti tre frammenti ceramici che per tecnologia e stile si discostano dalle consuete produzioni locali in impasto lavorato a mano; un quarto frammento proviene da livelli più recenti del deposito archeologico. Si tratta di vasellame in argilla molto fine, modellato al tornio, dipinto con colori scuri su superfici chiare e cotto in fornaci a doppia camera. L’insieme di queste tecniche, così come le forme e le decorazioni dei vasi, rimandano alle coeve produzioni ceramiche tipiche della Grecia Micenea, ma diffuse pure in alcune regioni d’Italia e nelle isole del Mediterraneo centrale. Queste ceramiche iniziano ad essere presenti in Italia a partire dalla media età del bronzo (XVII-XIV secolo a.C.), risultano soprattutto importate dalla Grecia, in maniera specifica dal Peloponneso.
Le analisi chimiche delle argille hanno dimostrato che, nei periodi successivi, tale vasellame di stile e tecnologia “egea” fosse ampiamente prodotto in diversi siti dell’Italia peninsulare, della Pianura Padana orientale e in Sardegna, dove si svilupparono produzioni particolari che possiamo definire italo-micenee. La circolazione nel Mediterraneo centrale di ceramiche di stile e tecnologia micenea, sia importate che prodotte localmente, dimostra come non solo le comunità dell’età del Bronzo in Italia fossero ben inserite nei networks di scambio a lunga distanza attivi in quel periodo, ma anche che nell’ambito di tali scambi e relazioni vi fu spazio per un vero e proprio trasferimento di conoscenze tecnologiche nel campo dell’artigianato ceramico, gravido di conseguenze anche per i periodi successivi.
Infatti in alcune zone dell’Italia meridionale l’uso dell’argilla fine, del tornio e della decorazione dipinta, come anche quello di fornaci complesse a doppia camera, non verranno più abbandonati. Dal punto di vista funzionale è interessante notare come la maggior parte delle ceramiche di tipo miceneo rinvenuto in Italia fosse destinata alla mensa, trattandosi di vasi per contenere liquidi, presumibilmente pregiati, e per il loro consumo individuale o collettivo; questo vale soprattutto per la ceramica prodotta localmente, cosiddetta italo-micenea. Non mancano però esempi di vasi per contenere altri beni o derrate, specialmente olii profumati o diversi tipi di cosmetici.
(testo a cura di Marco Bettelli).