Le "case rapide" della Garbatella: da città giardino a quartiere parcheggio
Già nel 1924 con la costruzione delle “case rapide”, i lotti 6 e 7, la situazione della Garbatella comincia a mutare. Viene meno l’idea della Borgata Giardino e cambiano anche i destinatari degli alloggi popolari. La composizione sociale della borgata nel 1921 era, infatti, costituita da operai per il 53%, professionisti per il 4%, salariati e impiegati per il 33%, casalinghe, esercenti e pensionati per la restante percentuale. Tre anni dopo, mentre la percentuale degli operai rimane la stessa, sale quella degli impiegati, degli esercenti e delle altre categorie mentre calano i salariati e i professionisti. Questi sono i dati ricavati dal documento “la popolazione di un grande istituto fascista” di Innocenzo Costantini, direttore dell’ICP nel 1937.
Nel 1921 vi è dunque, una netta maggioranza di operai a riprova della vocazione industriale dell’area limitrofa dell’Ostiense e una esigua minoranza di pensionati. L’altra metà della popolazione è costituita da salariati e impiegati. Non stupisce il numero basso degli esercenti in quanto, forse per pregiudizio, i negozianti non volevano aprire attività commerciali alla Garbatella, tant’è vero che per incentivarli furono loro offerti gli appartamenti migliori. Si assiste allora, con le costruzioni del 1924, alla prima modifica di un originario intento progettuale. I tipi edilizi vengono studiati in funzione della celerità dell’esecuzione, per cui non sono previste ricercatezze e particolari accorgimenti. Sorgono velocemente i lotti 6 e 7, le case rapide, uniti al lotto 4 attraverso una passerella pedonale su via delle Sette Chiese, che dopo alcuni anni verrà abbattuta.
Il piccolo ponticello si appoggiava alle pareti di una vera e propria tagliata nel tufo, dove via delle Sette Chiese si restringe e sale prima di via Alberto Guglielmotti, la prima strada della Borgata Concordia. Quelli dei lotti 6 e 7, progettati direttamente dall’ufficio tecnico dell’ICP, sono edifici con pianta molto semplice, costruiti con celerità ed economia di mezzi, non hanno accorgimenti o ricercatezze e sono senza balconi o altri corpi sporgenti. Essi apparivano simili ad un’isola, senza alcuna relazione con l’ambiente circostante, in uno stato così miserevole da farli sembrare del tutto abbandonati, in una realtà d’altri tempi. Forse volutamente, dovevano ospitare ed emarginare i ceti sociali che avrebbero potuto rappresentare una minaccia per l’ordine politico. Erano concepiti come case parcheggio per gli abitanti sfollati dei borghi attorno a San Pietro e per le famiglie che, con lo sblocco degli affitti avviato nel 1923, non potevano sostenere pigioni sempre più onerose. Anche la crisi del lavoro e l’aumento dei disoccupati favorì il fenomeno dell’abbandono delle case originarie. Queste famiglie si trasferirono in dimore provvisorie, come le baracche sorte ai margini della città.
G.Rivolta, GARBATELLA TRA STORIA E LEGGENDA, Iacobelli ed., p. 124.