Le trasformazioni della basilica di Santa Cecilia in Trastevere dal XV al XIX secolo
Occorre attendere la seconda metà del 1400 per registrare lavori di una certa importanza nella basilica di Santa Cecilia. Nella parte destra viene aggiunta la cappella della famiglia Ponziani; il cardinale Lorenzo Cybo fa coprire le navate laterali. Nel secolo successivo, vasti lavori vengono effettuati nel convento da parte della badessa Maria Magalotti: è probabile che a questo periodo risalga la costruzione, o ricostruzione, del lato sinistro dell’atrio. Ma l’avvenimento principale del periodo è la ricognizione del 20 ottobre 1599 durante le quali il cardinale Paolo Emilio Sfrondati, nipote di Gregorio XIV, rinvenne il corpo della Santa.
Il fatto fu determinante per la basilica in quanto, oltre alla commissione al Maderno per l’esecuzione della celebre statua, nella successiva sistemazione il presbiterio fu rialzato nascondendo la base del ciborio di Arnolfo di Cambio e dando inizio a quei lavori di arricchimento protrattisi nei secoli successivi, che alterarono completamente le severe linee architettoniche della basilica del IX secolo. Nel 1724 il cardinale Francesco Acquaviva diede inizio ad una serie di interventi che comportarono la risistemazione della navata centrale: l’antico pavimento cosmatesco fu sostituito da uno in cotto; l’originale copertura con capriate a vista fu nascosta da un soffittone ligneo a sesto ribassato con dorature e stucchi che, nel 1725, accolse il dipinto di Sebastiano Conca.
Contemporaneamente le finestre furono modificate nella forma e racchiuse da tabelle rettangolari in stucco e furono costruiti i coretti dai quali le monache potessero seguire le funzioni. Anche il portico subì cambiamenti: fu realizzata una volta a botte e modificata la forma e le dimensioni delle finestre che incisioni antiche mostrano molto differenti dalle attuali. Qualche anno dopo, intorno al 1741-42, l’architetto Ferdinando Fuga provvide alla sistemazione dell’atrio, come lo vediamo oggi, con la costruzione della facciata esterna. Nel 1823, l’architetto F.Salvi su commissione del cardinale Giorgio Doria, anche per problemi statici, fece chiudere le originarie colonne rimaste in vista entro pilastri in muratura: le arcate furono abbassate. Un’ultima manomissione avvenne alla fine dell’Ottocento ad opera del cardinale Rampolla del Tindaro che trasformò l’antica cripta in quella che vediamo oggi. Questi lavori ebbero il merito di avviare saggi di scavo sia nel pavimento della chiesa che nei locali del convento. I primi portarono alla scoperta di ambienti che sono tuttora oggetto di studi, mentre i secondi portarono alla scoperta degli affreschi del Cavallini (F.Hermanin) nascosti fino ad allora dai sedili del coro delle monache.
Bibliografia in: LA BASILICA DI SANTA CECILIA IN ROMA, a cura di Valentina Oliva, Roma 2016.