Roma Est nella Protostoria: la necropoli di Osteria dell'Osa
La frequentazione preromana del Pigneto non è chiaramente attestata, ma a circa 18 km sulla futura via Prenestina, nel corso degli anni ‘70, vengono effettuati dei saggi di scavo nell’area di un insediamento dell’Età del Bronzo. Sotto gli occhi degli archeologi, coordinati dalla studiosa Anna Maria Bietti Sestieri, appare uno dei ritrovamenti più importanti dell’Età del Ferro: una grande necropoli con una datazione che va dal IX fino al VI secolo a.C. Sarà da questo momento conosciuta come necropoli di Osteria dell’Osa.
Sin da un tempo così remoto ci si trova di fronte alla fondazione di centri abitati lungo i percorsi più agevoli che collegano l’area campana con i territori etruschi. Molto prima della fondazione di Roma, fiorenti popoli scambiano e lottano fra di loro per terra e risorse, dando il via a una società piuttosto articolata.
Sono circa 600 le tombe rinvenute a Osteria dell’Osa e, come sottolineano sempre gli archeologi, anche se si tratta di un grande cimitero di corpi inumati e incinerati, è possibile ricavare informazioni culturali che riguardano i vivi, abitanti di un territorio non troppo distante dal futuro quartiere Pigneto, anche se oltre il Grande Raccordo Anulare. In ben 15 anni di scavo sistematico è stato possibile approfondire aspetti fondamentali per comprendere la quotidianità di queste antiche comunità umane. Cervi, capre, cinghiali sono offerti durante la cerimonia funebre. Se ne trovano numerosi resti accanto ai corpi, soprattutto degli uomini. I defunti più ricchi o i più importanti vantano monili inconsueti: una stella marina chiusa in un pendaglio di bronzo oppure un canino di orso usato come pendente di un cinturone.
Un vaso a fiasco rinvenuto nella tomba femminile a incinerazione n. 482 è particolarmente importante perché è proprio qui che si legge quella che è, per ora, la più antica iscrizione in lingua greca: solo un indizio dell’ampiezza dei contatti di questa comunità. “Un dato storico-culturale che per molti aspetti possiamo definire sconvolgente”, così inizia un saggio di Adriano La Regina dal titolo “Il vaso con iscrizione della tomba 482 di Osteria dell’Osa”. La mano che traccia con una punta sottile le lettere, graffiando il lato inferiore del vaso, non è di un esperto: un’osservazione attenta delle lettere porta all’ipotesi della parola incisa: “eulin”. Potrebbe essere l’epiteto “eulinos” (che fila bene) della dea Ilizia, invocata dalle partorienti; troppo complesso dare un’interpretazione di senso, ma ciò che appare fondamentale è l’uso dell’alfabeto greco presso le popolazioni non elleniche dell’Italia protostorica.
(da: La storia del Pigneto, a cura di Gaia Marnetto, Typimedia Editore, pp. 21-22).