Il Tempio di Hercules Victor al Foro Boario
Nel Foro Boario la figura di Ercole, divinità tutelare, è onnipresente in questo punto nevralgico per gli scambi tra il cuore della città e il fiume fin dall’epoca più antica. Ercole è presente sia con il mito dei buoi di Gerione e la lotta con il gigante Caco, sia con la dedica dell’ara da parte del Re Arcade Evandro, sia nelle immagini di terracotta al di sopra del tempio arcaico di Mater Matuta e Fortuna (Minerva che presenta Ercole all’Olimpo), sia infine quale titolare di templi a lui dedicati, come l’ara maxima Herculis, la Aedes Aemiliana Herculis e la Aedes Pompeiana Herculis.
La Aedes Aemiliana Herculis fu fatta costruire probabilmente nel 141 a.C. da Scipione Emiliano: le fonti ne ricordano la pianta circolare e pertanto il tempio è stato identificato con l’elegante edificio che erroneamente viene indicato con il nome di Tempio di Vesta, solo per il fatto di essere rotondo, noto nell’antichità anche con il nome di Aedes Herculis Victoris ad portam Trigeminam.
Il tempio, che venne edificato su un terrapieno realizzato alla metà del II secolo a.C. al di sopra del piano del Velabro troppo soggetto ad inondazioni, è un periptero circolare con 20 colonne corinzie, che poggia su di un basso podio a gradini marmorei, contrariamente ai canoni dell’architettura romana. Un recente restauro ha riportato in vista le caratteristiche dell’edificio, rispettando le trasformazioni subite nel tempo. Espressione della corrente artistica filoellenistica, che si diffuse a Roma nel II sec. a.C., ne fu probabilmente autore l’architetto Hermodoros di Salamina e la statua di culto pare fosse scolpita da Skopas Minore, scultore greco della fine del II secolo a.C. Di perfetta fattura greca sono i capitelli, eseguiti su modelli ellenistici. Noto dai Cataloghi Regionarii del IV secolo come Hercules Olivarius, nome forse derivante da una statua posta nel recinto del tempio offerta dei commercianti romani di olio d’oliva, L’Ercole che qui si venerava era il protettore dei negotiatores italici, in particolare degli olearii.
Il fondatore del tempio, realizzato in marmo pentelico, costoso e usato raramente nella Roma del II secolo a.C., sarebbe stato Lucio Mummio, il conquistatore di Corinto, che avrebbe fatto costruire il tempio con il bottino della campagna vittoriosa contro la Grecia. Censore nel 142 a.C. con Scipione Emiliano, Mummio dedicò particolari pure anche alla sistemazione urbanistica del foro boario.
Le pareti del tempio erano spesse lastre di marmo disposte per diatoni e ortostati, tanto all’interno che all’esterno, riquadrate con leggera bugnatura a rettangoli, mentre la parte alta è ricostruita in muratura laterizia, dipinta nel ‘400 con pitture di Madonne e Santi. La copertura, crollata nel Medioevo con tutta la trabeazione e parte anche dei capitelli, è oggi sostituita da un semplice tetto a spiovente; il portico doveva essere coperto a cassettoni. La cella si apriva verso est con un ampio portale. Venne restaurato ampiamente sotto Tiberio, probabilmente dopo l’inondazione del 15 d.C., quando 9 colonne e 11 capitelli furono rifatti in marmo di Luni.
Il tempio si è conservato in modo eccezionale fino ad oggi, perché fu trasformato agli inizi del secolo XII in una chiesa dedicata a Santo Stefano delle Carrozze e, dalla metà del ‘500, la chiesa fu chiamata Santa Maria del Sole per un’immagine ivi conservata, trovata nel Tevere da una donna e che, racchiusa in uno scrigno, avrebbe miracolosamente mandato un raggio di sole. All’interno si conserva un affresco di scuola romana del tardo secolo XV, raffigurante la Madonna con il Bambino e Santi.