Le evidenze pre-repubblicane sulla collina della Velia
Negli anni Trenta del Novecento, i lavori di urbanizzazione per la realizzazione di via dell’Impero, oggi via dei Fori Imperiali, comportarono la completa asportazione della collina della Velia, una piccola altura proprio di fronte al Colosseo. All’archeologo A. M. Colini, coordinatore degli scavi, furono imposti tempi estremamente limitati che, come lui stesso più volte lamenta, pregiudicarono la necessaria cura posta nei lavori e la completezza della documentazione. In particolare tali modalità incisero negativamente sui ritrovamenti che riguardavano le fasi più antiche di occupazione della collina della Velia, cioè il periodo pre-repubblicano del quale tuttavia, riusciamo a comporre una visione d’insieme basandoci sull’analisi degli scritti, delle fotografie e piante redatte al momento dello scavo, coniugata allo studio sistematico dei materiali, seppure estremamente frammentari.
(nella foto: la collina della Velia come appariva negli anni Trenta: sono ancora visibili i resti della meta sudans)
Il nucleo principale dei ritrovamenti è rappresentato da una serie di pozzi scavati nel terreno vergine con il loro contenuto di materiali ceramici e ossa di animali, da una sepoltura infantile entro dolio e da ritrovamenti sporadici come i frammenti di decorazione architettonica, e quindi oggetti riferibili al culto, che richiamano la menzione di un luogo di culto citato negli appunti di Colini. La pianta redatta dal Gatti durante gli scavi consente di situare i ritrovamenti in esame nel punto più alto della Velia, al centro di un pianoro che doveva avere una superficie di circa 1000 mq. Su di esso, a partire dagli inizi dell’VIII secolo a.C., fu stanziato un primitivo abitato di capanne che proseguì almeno fino al primo trentennio del VII secolo a.C., momento al quale risale la sepoltura infantile o “subgrundarium” come tipico elemento caratterizzante gli abitati arcaici.
Le abitazioni capannicole vennero gradualmente sostituite, dal secondo trentennio del VII secolo a.C. fino all’ultimo decennio del VI secolo a.C., da edifici con coperture di tegole e coppi ai quali è possibile riferire la ricca ceramica da mensa restituita dai pozzi. Tutto ciò sembra indicare che le abitazioni risalenti a questo periodo fossero appannaggio di membri del ceto aristocratico, rafforzando anche per la Velia l’immagine del sistema di “santuari e palazzi della Roma dei Re”. Per meglio inquadrarne la rilevanza è interessante sottolineare lo stretto legame tra questi ritrovamenti, situati nella parte più alta della collina, e quelli di un’area contigua alla Velia, alle sue pendici verso il Foro Romano, scavata da Giacomo Boni. Lo scavo del 1922 del sepolcreto arcaico verso il foro ha rivelato strati abitativi databili dalla fine dell’VIII secolo alla fine del VI secolo a.C. che, analogamente a quanto avvenuto nella parte alta della collina, dopo una prima fase con sole capanne, evidenzia tra la fine del VII e quella del VI secolo a.C., un abitato in cui esistevano capanne e case con copertura del tetto a tegole e coppi.
A sottolineare ulteriormente l’importanza storica della Velia alcune fonti ricordano che il primo console Valerio Publicola, trionfatore su Porsenna e sui Veienti, abitò dapprima “in summa Velia” in una posizione che dominava dall’alto il foro e, dopo una serie di spostamenti, “sub Veliis” cioè alle pendici della collina.