I materiali del pozzo arcaico presso il tempio di Vesta
Durante lo scavo dell’area sacra di Vesta, subito a sud-est del tempio, si rinvenne nel 1930 un pozzo cilindrico con originaria funzione di captazione d’acqua, riempito apparentemente in unica soluzione con oggetti d’uso e materiali edilizi in frantumi, alcuni con tracce di ustione, e chiuso con pezzami di tufo anch’essi bruciati. Il contesto comprendeva: vasi e frammenti non ricomponibili di ceramica italo-geometrica, quattro esemplari dei quali sono però secondo il Carandini originali corinzi importati; vasi e frammenti di bucchero, impasto bruno orientalizzante, impasto rosso, impasto grezzo rosso-bruno; utensili fittili tra cui fornelli, colini, rocchetti; tegole e un pezzo di opus craticeum appartenenti ad una struttura bruciata; una macina in pietra, molte ossa animali tra cui cavallo, topo, uccelli, e semi di cereali. Sicuramente relativo all’area sacra di Vesta, questo contesto rappresenta un’anomalia nel panorama in esame: l’assenza di ex-voto in miniatura, oggetti di ornamento, statuette e al contrario la presenza esclusiva di vasi (pur di alto livello come vasi corinzi, buccheri di importazione dall’Etruria, ceramiche dipinte) ed oggetti d’uso quotidiano non trova confronti in altri depositi motivi. È questo il tipico esempio di deposito di recipienti e oggetti non offerti alla divinità, ma funzionali allo svolgimento di riti o comunque connessi alla vita del santuario e per questo assurti al ruolo di Sacra. La cronologia dei reperti del pozzo va dall’VIII secolo all’inizio del VI secolo avanti Cristo.