I templi nel foro romano alle pendici del Campidoglio
TEMPIO DELLA CONCORDIA
Il nome tradisce i vari scontri politici a cui questo tempio fu legato in ognuna delle sue fasi costruttive e i diversi significati assunti di volta in volta dalla dedica alla Concordia. Secondo le fonti fu votato da Camillo nel 367 a.C., per ricordare la fine delle lotte tra patrizi e plebei. Quando fu ricostruito nel 121 a.C. ad opera del console Lucius Opimius, uno dei maggiori esponenti conservatori dopo la sconfitta dei Gracchi, la dedica voleva celebrare la vittoria della classe aristocratica e il temporaneo accordo tra ordine senatorio ed equestre. La terza volta fu dedicato da Tiberio nel 10 d.C. alla Concordia Augusta, l’armonia della famiglia imperiale, in connessione con l’ideologia della Pax Augusta.
Le strutture rimaste sono quelle di età augustea: l’esiguo spazio disponibile condizionò la pianta, caratterizzata da una cella larga quasi il doppio della lunghezza, con accesso da due scale laterali. La ricca decorazione marmorea dell’edificio è appena immaginabile dai pochi frammenti conservati e dalle riproduzioni sulle monete.
TEMPIO DI VESPASIANO E TITO
Le tre colonne superstiti sul lato occidentale del foro appartengono al tempio iniziato da Tito e Domiziano per il padre Vespasiano, morto nel 79 d.C. e da loro divinizzato. In seguito alla morte di Tito appena due anni dopo, finì con l’essere dedicato ad entrambi ad opera di Domiziano. Dell’iscrizione dedicatoria incisa sull’architrave restano solo otto lettere, ma fu trascritta in età medievale, permettendo così l'identificazione dell’edificio. Era un prostilo esastilo corinzio, con colonne e trabeazioni in marmo bianco. Degno di nota soprattutto il fregio, uno dei pochi conservati nel foro romano, decorato con strumenti sacrificali ed elementi sacerdotali.
TEMPIO DI SATURNO
Uno dei più antichi templi della città è il tempio di Saturno. Secondo le fonti fu votato e appaltato dal re Tarquinio il Superbo alla fine del VI secolo a.C. e dedicato all’inizio della Repubblica nel 501 o nel 497 a.C. Nulla rimane però di questa prima costruzione e il tempio oggi visibile, uno pseudo-periptero esastilo ionico, combina strutture di due diverse fasi ben più tarde. Il podio si data al 42 a.C., quando il tempio fu totalmente rifatto ad opera di Lucio Munazio Planco: di altezza variabile in relazione al forte pendio, fino ad arrivare ad 11 metri, presenta il nucleo di cementizio rivestito in opera quadrata di travertino. Le colonne in granito e la trabeazione in marmo bianco del pronao appartengono invece ad un restauro del IV secolo d.C., intrapreso dopo che l’edificio era stato distrutto da un incendio, come sappiamo dall’iscrizione incisa sull’epistilio. Il rifacimento di un tempio in quell’epoca, segnata per lo più da opere cristiane, era un intervento eccezionale, probabilmente da attribuire al periodo tra Giuliano l’Apostata ed Eugenio, ed è suggestiva l’ipotesi che a tale intervento sia legata la composizione dei Saturnalia di Macrobio. Come in altri monumenti di quel periodo, molti dei materiali impiegati erano di spoglio, in parte presi del tempio precedente ed in parte da altri edifici. La statua di culto rappresentava il dio a capo velato, con la falce nella destra ed i piedi legati da compedes di lana che venivano sciolti il giorno della festa. Il dies natalis del tempio, il 17 dicembre, coincideva con l’importante festa dei Saturnalia.