Le divinità del popolo Romano
I templi costruiti a Roma offrono un ottimo panorama della religione e della sua evoluzione: basterebbe concentrarsi sui nomi delle divinità a cui erano dedicati gli edifici per cogliere la complessità del Pantheon romano e la varietà di quel crogiolo di culti che fu l’Urbe. È un argomento che si presta a varie letture: tralasciando qui l’analisi delle singole divinità, ci sembra di maggior interesse l’esame delle varie componenti etniche e culturali che sono entrate in gioco per tracciare una linea complessiva di sviluppo. Come la lingua, la religione romana consiste in un nucleo di origine indoeuropea sviluppatosi su un substrato indigeno mediterraneo. La religione mediterranea era incentrata sul culto della Madre Terra, divinità della natura e della fertilità; quella indoeuropea era basata invece su una triade, che nella religione romana si conserva nelle figure di Giove, Marte e Quirino.
Un aspetto molto rilevante del Pantheon romano è che ciascuna delle divinità maggiori si moltiplicava per assumere ogni volta una funzione e una caratteristica specifica e, di conseguenza, veniva venerata con diversi epiteti. La maggiore divinità femminile romana è indubbiamente Giunone, che però assume diverse denominazioni e connotazioni in relazione alle varie sfere del mondo femminile: troviamo quindi Giunone Pronuba come protettrice del matrimonio, Giunone Lucina che tutela le partorienti e le nascite, Giunone Caprotina dalla connotazione sessuale, Giunone Regina come simbolo della sovranità, Giunone Curite come dea guerriera, Giunone Moneta che avverte e vaticina. Così Giove diventa Giove Feretrio, Giove Tonante, Giove Fulgur, fino al Giove Ottimo Massimo nel tempio che i Re Tarquinii costruirono a simbolo della supremazia sui popoli latini, indicando con il nome che quel Giove era il migliore e più potente di tutti gli altri venerati dai nemici.
Un altro elemento da tenere presente è la quantità di divinità minori con caratteri ben definiti e competenze specifiche. Siamo infatti abituati a restringere il Pantheon romano a quel gruppo di divinità maggiori che ci è noto anche per il legame con la mitologia greca, ma la molteplicità dei numi latini è impressionante. Come esempio possiamo prendere il gruppo delle divinità agrarie, della terra e della fertilità: oltre a Cerere, la più nota, erano venerate Tellus, derivata dalla terra madre mediterranea, Libero e Libera, Flora, Pomo e Pomona, Robigo, Consus e Ops. Questo aspetto si connette con una delle più curiose caratteristiche della religione romana, gli indigitamenta: erano elenchi di divinità, liste di invocazioni simili alle litanie, conservati negli archivi dei pontefici. Prendiamo ad esempio alcune divinità invocate per i bambini: Vaticanus fa vagire il neonato, Cunina lo veglia nella culla, Potina lo protegge quando beve, Educa quando mangia, Paventina lo protegge dalle paure, Fabulinus gli fa pronunciare le prime parole, Ossipàgina consolida la formazione delle ossa, e così via. Si tratta naturalmente di un residuo della mentalità arcaica, che però è importante conoscere per avere un quadro di quanto potesse essere multiforme la religione romana.
(da: ROMA ARCHEOLOGICA, itinerario n. 20, Elio de Rosa Editore, pp. 7-8).