I collegi sacerdotali nell'antica Roma
La reale gestione delle cose sacre era nelle mani dei collegi sacerdotali: i pontefici, gli àuguri, i decemviri, gli epuloni. I pontefici, istituiti secondo la tradizione del re Numa Pompilio, costituivano il più potente e prestigioso corpo sacerdotale. Originariamente in numero di 9, poi ampliato a 16, controllavano i riti privati e quelli pubblici, erano preposti a tutte le cerimonie, i culti e le feste. Erano loro a redigere e controllare il calendario, che naturalmente regolava anche la vita politica e civile. I loro archivi, gli Annales Maximi, in cui registravano i maggiori avvenimenti della città, furono alla base delle prime opere sulla storia di Roma, consultati da Tito Livio e dagli altri storici, così come furono fondamentali le liste con i nomi di tutti i magistrati da loro riportati ogni anno, i Fasti. Erano i custodi della tradizione romana, esperti teologi e giuristi.
Originariamente dovevano essere i depositari di tutte le conoscenze tecniche e scientifiche, perché il nome pontifex deriva da “pontem facere” e significava “costruttore di ponti”: in una società antica il primo ponte, il Pons Sublicius, costruito in legno, rappresentava le capacità raggiunte dai saggi della città e aveva valenze sacrali. Infatti fu sempre proibito l’uso del ferro, materiale “nuovo”, per restaurarlo; il controllo della sua manutenzione rimase affidato fino alla fine ai pontifici. Anche la prerogativa di controllare il calendario è indice del loro antico ruolo di sapienti e detentori delle conoscenze astronomiche.
A capo del collegio era il pontefice massimo, che aveva la sua residenza ufficiale nella Regia. La sua importanza è dimostrata anche dal fatto che quasi tutti gli imperatori, da Augusto in poi, assunsero questo titolo, per ricoprire la massima carica in campo religioso. È interessante notare che, una volta finito il paganesimo, il titolo fu adottato dai cristiani per la loro massima autorità religiosa, così che il Papa ha ancora oggi il titolo ufficiale di pontefice massimo.
Gli àuguri costituivano il collegio sacerdotale specializzato nell’interpretazione degli auspicia e auguria, cioè i segni indicati dal volo degli uccelli, in quanto essere intermedi tra il cielo la terra. Segno distintivo di questi sacerdoti era il lituo, un bastone ricurvo in alto. Per interpretare il volo gli uccelli gli àuguri aveva bisogno di determinare da quale parte del cielo provenissero, avevano cioè bisogno di delimitare mentalmente uno spazio orientato entro cui guardare, chiamato “templum”. L’àugure provvedeva quindi a tracciare con il lituo una linea da est a ovest e un’altra a questa perpendicolare, in modo da definire un quadrato suddiviso in quattro parti. Il potere degli àuguri era tale che nella Roma antica non si poteva intraprendere nessuna attività, neanche politica o militare, senza il consenso degli dèi, per cui con la loro interpretazione del volere divino intervennero spesso in maniera determinante nella vita pubblica, almeno fino a tutta l’età repubblicana.
(da: ROMA ARCHEOLOGICA, ITINERARIO 20, Elio de Rosa Editore, p. 21-22).