L'area del Comizio e del Niger Lapis nel foro romano
Le fonti antiche utilizzano la locuzione Niger Lapis con riferimento all’area, quadrata, pavimentata in lastre di marmo nero, racchiusa da un recinto di lastre in marmo bianco, che si conserva nel Foro Romano, inserita nella parte di lastricato di età imperiale compreso tra l’Arco di Settimio Severo ad ovest, la basilica Emilia ad Est, la Curia a nord e la piazza del foro a sud. La sua scoperta risale al gennaio del 1899, quando Giacomo Boni iniziò gli scavi nel Foro Romano con il proposito di rintracciare le attestazioni delle prime fasi della storia di Roma.
LA SCOPERTA DEL NIGER LAPIS AD OPERA DI GIACOMO BONI
Approfondendo lo scavo in corrispondenza del Niger Lapis, individuò un complesso monumentale in blocchi di tufo, ipogeo rispetto al piano del foro, rasato al momento della obliterazione alla fine del I secolo a.C. Ne fanno parte: una struttura a gradoni posta ai due lati di una piattaforma che sostiene un altare a tre ante, un basamento rettangolare, un elemento a tronco di cono, nonché un cippo in tufo conservato solo nella parte inferiore. Sulla superficie del cippo è incisa, con ductus bustrofedico, un’iscrizione in alfabeto latino arcaico databile al 575-550 a.C.. A momento dello scavo, sopra l’altare intorno al cippo e al tronco di cono si presenta, entro uno strato carbonioso, un cospicuo numero di reperti ceramici, lapidei, metallici ed in osso e avorio, riconducibili ad ambito motivo: la cosiddetta stipe del Niger Lapis.
Memore delle testimonianze delle fonti antiche (in particolare Festo e Plutarco), Giacomo Boni riconobbe nell’area quadrata in marmo nero il Niger Lapis, il locus funestus dove sarebbe avvenuta l’uccisione di Romolo e dove sarebbero stati sepolti Faustolo e Osto Ostilio, l’antenato del re Tullo Ostilio. Il Boni identifica le strutture architettoniche, la piattaforma a gradoni e l’area sacra, con il Comitium, il luogo che dall’età arcaica e fino all’età di Cesare è stato il fulcro della vita politica, giudiziaria e religiosa di Roma. È comunemente accolta l’identificazione delle strutture gradonate con i Rostra, la tribuna dalla quale si arringava il popolo raccolto sulla piazza antistante, con il Tribunal Praetoris, la platea destinata all’amministrazione della giustizia e con la Graecostasis, la piattaforma riservata ad accogliere gli ambasciatori.
I CULTI CONNESSI AL NIGER LAPIS
Ancora dibattuta invece è l’identificazione del santuario del comizio con il Volcanal, ricordato dalle fonti, e quindi il riconoscimento della divinità titolare del santuario stesso con Vulcano. A sostegno di tale attribuzione è prodotta sia la relazione tra il luogo della morte di Romolo e il Volcanal, sia la raffigurazione di Efesto, il dio greco assimilabile con il romano Vulcano, su un frammento di cratere attico a figure nere ritrovato tra i materiali della suddetta stipe del Niger Lapis.
Contrariamente il Boni riconosce il Volcanal nell’altare circolare adiacente, ora identificato invece come Ara Saturni. La originaria vocazione cultuale del sito dove si erge il santuario comiziale traspare già dalle indagini di fine Ottocento allorché il Boni individuò, approfondendo lo scavo al di sotto dell’altare, una grande vasca ricavata nel suolo naturale geologico costituito da un deposito di ghiaie, ciottoli saldati da cemento travertinoso, indicativo di originari fenomeni di termalismo, dove si raccoglieva acqua sorgiva, legata come è noto nelle comunità arcaiche del Lazio a divinità femminili catactonie, come Maia Uxor Vulcani, Stata Mater, Tacita Muta, la stessa Venus Cloacina.