La costruzione della Cloaca Massima
Sin dalle prime indagini, eseguite sistematicamente nella cloaca massima a partire dal 2008, nell’ambito degli scavi nei fori imperiali condotti dalla Soprintendenza Capitolina, il riconoscimento e lo studio di queste strutture ha permesso di riferirne l’appartenenza ad una tipologia di grandi condotti idraulici a doppio canale, realizzati in età arcaica in diversi centri del Mediterraneo, primi fra tutti Cuma ed Atene. Tra queste città, ugualmente governate da oligarchie, sembra potersi configurare una circolazione di esperti altamente qualificati in varie discipline, tra le quali evidentemente l’ingegneria idraulica. Tuttavia, tale confronto implica anche l’analogia di aspetti funzionali e l’impiego di modelli comuni di riferimento per particolari opere di canalizzazione, da realizzare in contesti geomorfologici dalle criticità analoghe, legati alla presenza di corsi d’acqua, le cui frequenti variazioni di portata rendevano originariamente impraticabili le superfici naturali individuate come utili ai fini di un insediamento.
ASPETTI RELIGIOSI NELLA COSTRUZIONE DELLA CLACA MASSIMA
Un aspetto non secondario da considerare è quello relativo alla religione romana che imponeva, come diffusamente testimoniato nei casi di costruzione di opere idrauliche anche nel mondo greco e magno greco, lo svolgimento di riti di espiazione per aver violato la sacralità delle acque con opere di canalizzazione e di bonifica. Nel caso della cloaca massima, la presenza del basamento del simulacro del dio Vertumnus, divinità della natura mutevole a differenza del sacello del Sacrum Cloacinae e dei Doliola, anch’essi legati al percorso dell’opera idraulica, costituisce la memoria di un’impresa di sostanziale modifica dell’assetto naturale dei luoghi, per la quale è doveroso placare l’ira divina. La complessità della sua vicenda storica si coglie tanto a livello funzionale, come infrastruttura indispensabile in tutte le fasi della trasformazione topografica della superficie compresa tra il Campidoglio, il Palatino e il Tevere, quanto a livello simbolico, come testimone di imprese edilizie eccezionali concepite da personaggi eminenti della storia di Roma regia, e poi repubblicana, delineabili anche grazie alla lettura del palinsesto archeologico costituito proprio dalla secolare conduttura e alle fonti letterarie che ad essa fanno riferimento.
La cloaca massima, per il fatto che alcuni segmenti del percorso sono ancora poco noti perché difficili da esplorare, costituisce uno stimolante banco di prova metodologico per la disciplina degli archeologi. La lettura e l’interpretazione della stratificazione urbana, connessa al percorso della grande fognatura che attraversa il centro monumentale della città, risulta ancora oggi complessa, per la molteplicità delle strutture pubbliche e private che in superficie interagiscono con il collettore fognario e che condizionano la ricostruzione delle fasi storiche più recenti di questo testimone eccellente dello sviluppo urbanistico di Roma arcaica.
(testo a cura di Elisabetta Bianchi)